Si trova in carcere con l’accusa di voto di scambio politico – mafioso dallo scorso 16 aprile. Ma c’è un particolare di non poco conto per Francesco Giamblanco, 31 anni, di Avola, che lui insieme ai suoi collaboratori, la sua famiglia e quella della moglie, il 5 novembre del 2017, non andarono neppure a votare. A dimostrarlo con carte alla mano, è stato il difensore dell’indagato nell’udienza di giovedì davanti ai giudici del Tribunale del Riesame di Catania. La Difesa ha prodotto i certificati elettorali “immacolati”, ovvero senza il timbro che certifica l’avvenuta votazione, non soltanto di Giamblanco, ma anche sei suoi parentii. Giamblanco che davanti al gip si era avvalso della facoltà di non rispondere, ha pure detto ai giudici di non avere mai conosciuto l’onorevole Pippo Gennuso, coinvolto nell’inchiesta della Dda di Catania e attualmente ai domiciliari nella sua abitazione di Rosolini.
Giamblanco, genero del boss avolese Michele Crapula, ma col certificato penale pulito per non avere mai avuto guai con la Giustizia, ha pure aggiunto un particolare su cui la Pubblica accusa ipotizza il reato di 416 Ter. Ovvero l’accordo tra Massimo Rubino ed il deputato all’Ars sul pagamento per un pacchetto di voti. “Le parole su a cinquanta euro a voto” oppure “è santo Pippo, ora ‘a nesciri i soldi”, non sono state mai scambiate con il deputato Giuseppe Gennuso, ma le aveva pronunciate lui stesso per prendere in giro Massimo Rubino. A dire di Giamblanco queste conversazioni captate dai carabinieri vengono scambiate tra lui e il ciclista Rubino mentre assieme vanno a fare delle passeggiate in sella alle loro biciclette. “Si scherzava, sono frasi che tutti gli avolesi dicono in occasione della corsa dei nuri per la festa di San Sebastiano, quando, come devozione al santo, dicono “tu sei il nostro santo”. Insomma, Pippo Gennuso non sarebbe affatto un santo e non doveva sborsare neanche un euro, altro che cinquanta euro a voto”.
Dichiarazioni che la dicono lunga sul personaggio Rubino, il ciclista che ad Avola e dintorni, ha fama di essere un grande millantatore, uno che si vanta di avere “amicizie importanti”.
I difensori di Pippo Gennuso, che ha preferito non presenziare all’udienza, hanno ribadito che “l’onorevole Gennuso è assolutamente innocente e di non aver acquistato, come invece pensano i carabinieri e il Pm Alessandro Sorrentino, le 400 preferenze raccolte nel comune di Avola. “Il nostro assistito – hanno detto gli avvocati Fiaccavento e Granata – non ha fatto promessa di regalie, di denaro e di favori a chicchessia, non si è mai rivolto a esponenti della criminalità organizzata di Avola per ottenere il consenso degli elettori avolesi e non ha conosciuto nè il boss Michele Crapula nè suo genero Francesco Giamblanco”.
Anche per Massimo Rubino, pure lui ai domiciliari, la Difesa ha richiesto la remissione in libertà. Da quello che finora è emerso da questa vicenda, non ci sarebbero prove che ci fu il voto di scambio. Anche i troppi si “desume”, parola riportata più volte nell’ordinanza di custodia cautelare, lasciano dubbi e perplessità.
La decisione del tribunale del Riesame è attesa per lunedì o al massimo martedì.