Amenta: “Se qualcuno voleva portare alla morte i Comuni siciliani ci sta riuscendo tra il silenzio della politica regionale e nazionale. Quanto tempo ci vorrà ancora affinchè Renzi e Crocetta si rendano conto che la situazione dei Comuni siciliani è diversa dal resto d’Italia?”.
Non sembra aprirsi sotto buoni auspici il 2016 per i 390 Comuni siciliani per quanto riguarda i trasferimenti delle risorse finanziarie da parte dello Stato e, soprattutto, da parte della Regione Siciliana che ancora deve loro oltre 500 milioni del 2015 e già nella nuova Finanziaria si annunciano nuovi tagli dopo quelli subiti in questi anni che hanno visto ridursi dal 2011 ad oggi i fondi destinati ai Comuni da 960 milioni a 300 milioni di euro.
Un quadro finanziario e complessivo ancora più drammatico di quello dello scorso anno che penalizzerà ulteriormente i Comuni, come continua denunciare il Vice Presidente di AnciSicilia, Paolo Amenta, Sindaco di Canicattini Bagni.
«Ancora una volta sta passando in secondo piano il tragico, perché altro non può essere, destino dei Comuni – denuncia il Vice Presidente di AnciSicilia, Paolo Amenta – per cui il 2016 rappresenterà un anno di vera svolta, in positivo o in negativo. Purtroppo prevedo in negativo, se la politica, Stato e Regione, non cambiano i loro atteggiamenti e le loro scelte nei confronti degli Enti territoriali che sono l’ossatura e la vita del Paese. Le preoccupazioni per la vita dei Comuni rispetto all’anno appena concluso, infatti, si sono accresciute a tal punto da temere per la tenuta della pax sociale.
Non può essere altrimenti se si considera che i Comuni dal 2011 ad oggi hanno visto ridurre i fondi a loro assegnati da 960 milioni ad appena 300 milioni di euro, non hanno ancora ricevuto oltre 500 milioni del 2015 (280 per le trimestralità quota corrente, 120 per la quota capitale, e altri 120 per il fondo di riequilibrio quale contributo per gli stipendi dei contrattisti), e già si annunciano, con la Finanziaria che tra l’altro deve essere ancora approvata dall’ARS, nuovi tagli.
Da quella Finanziaria, infatti, passa inosservato il fatto che non sono più presenti i 115 milioni del Fondo capitale con i quali I Comuni facevano fronte alla quota capitale dei mutui. Così come nessuno dice nulla sull’incertezza complessiva dell’intera manovra finanziaria, sui dubbi dell’accordo Stato – Regione che prevede il trasferimento da parte del Governo nazionale di un miliardo e 400 milioni, per mettere in equilibrio il bilancio regionale. Di queste somme solo 900 milioni sono stati trasferiti alla Regione, mentre i rimanenti 500 milioni per il 50% gravano nei capitoli destinati ai Comuni. Incertezze e ritardi che come sempre si ripercuotono sui Comuni, impossibilitati ad approntare i propri Bilanci nei tempi ragionevoli di programmazione piuttosto che a fine anno com’è avvenuto nel 2015, senza dimenticare che siamo nel 2016e ancora ben 250 Comuni devono approvare il Bilancio di previsione del 2015. Dimenticando che i Comuni, dal gennaio dello scorso anno, applicando il DL 118/11, sono obbligati ad operare per anno di competenza. Ma così non è, visto che non hanno ricevuto ancora, come dicevo, i trasferimenti del 2015, costringendoli ad operare nel’illegalità.
E qualora non bastasse – continua Amenta -, per ulteriore risposta, anziché mettere i Comuni in condizioni di vivere, se ne decreta la sicura morte, minacciandoli di sanzioni come fa l’Assessorato regionale all’Energia con l’addizionale del 20% sul tributo di conferimento in discarica, se non si raggiungono i livelli minimi di raccolta differenziata, o di pignoramento di oltre 60 milioni di euro come fa Riscossione Sicilia per crediti vantati.
E qui siamo al paradosso – sottolinea il Vice Presidente di AnciSicilia – perché si tende a dimenticare e a scaricare sui Comuni tutte le lacune e le responsabilità della Regione, che ad iniziare dalla differenziata è ancora all’anno zero, senza impianti di compostaggio, piattaforme sovracomunali per i conferimenti, senza un Piano regionale dei rifiuti, e con la proposta di trasferire i rifiuti all’estero che aggraverebbe di un ulteriore 30% sui costi di conferimento che come si sa sono a carico dei cittadini.
Così per le riscossione dei crediti, da un lato la Regione non trasferisce quanto dovuti ai Comuni costretti a fare sempre più debiti con le banche-tesorerie per continuare a garantire stipendi e servizi, e da oggi neanche più quello visto che le banche ci hanno chiuso le porte, e dall’altra mette in moto Riscossione Sicilia per pignorarci i fondi, quali non si sa visto che le casse da tempo sono vuote, per crediti vantati.
A ciò si aggiunga il fallimento decretato per il Terzo Settore che con molti sacrifici sinora ha garantito ai cittadini e ai Comuni tutta una serie di servizi sociali (anziani, disabili, famiglie disagiate,assistenza domiciliare, comunità alloggio, e così via) che di certo non potranno più essere garantiti non avendo più crediti dalle banche e non ricevendo i pagamenti che gli sono dovuti, mentre i dipendenti da mesi, e forse da anni, attendono gli stipendi.
Si aggiunga il fatto – rimarca ancora Amenta – che lo Stato però non dimentica di prelevare il 38% dall’IMU dei Comuni siciliani, a cui non resta nulla se si considera che solo il 50% dei contribuenti in Sicilia pagano a causa della crescita della disoccupazione e della povertà, costringendo i Comuni a creare un Fondo di garanzia per i mancati pagamenti come previsto dal DL 118/11. Da qui i problemi della fiscalità locale che non può essere vessatoria nei confronti dei cittadini per coprire i vuoti e gli interventi di Stato e Regione.
E non è un caso che certe cose è meglio non farle sapere ai Comuni, che per questo non vengono consultati o sentiti quando si tratta di dare priorità a piani infrastrutturali o di interventi nel territorio com’è accaduto con la delibera del Governo regionale dello scorso 29 dicembre, a seguito di accordi con lo Stato per il Patto per il Sud, fatto solo con la Presidenza della Regione, che prevede un’accozzaglia di progetti per 400 milioni, per il biennio 2016-2017, quando le somme programmate sono due miliardi e mezzo, anzi, diciamola tutta, inizialmente erano 8 miliardi poi ridotto a 2,5 miliardi. Somme destinate ai territori che non li vedranno mai, e che hanno giustificato con una impossibilità a trasferirli per il vincolo del Patto di Stabilità.
E allora – conclude il Vice Presidente di AnciSicilia – con un quadro del genere che prevede ancora tagli e penalizzazioni, in totale assenza di interlocutori, i Comuni come possono stare tranquilli in questo 2016, se vedono ridotti o cancellati i servizi, non hanno più crediti dalle banche-tesorerie, e non hanno nessuna certezza per la stabilizzazione dei precari. Se qualcuno voleva portare alla morte i Comuni siciliani ci sta riuscendo tra il silenzio della politica regionale e nazionale. Ci chiediamo quanto tempo ci vorrà ancora affinchè Renzi e Crocetta si rendano conto che la situazione dei Comuni siciliani è diversa dal resto d’Italia? Per questo, al di la delle appartenenze, chiediamo all’ARS e al Governo regionale se questa situazione disastrosa può rappresentare il futuro. Per cui, ci invitino, senza ulteriori indugi, come promesso dal Presidente del Consiglio, ad un confronto su questi temi tra Presidenza del Consiglio, Presidenza della Regione e vertici di AnciSicilia. Non c’è più tempo».