Carissimi,
se noi diciamo “mi amo”, senza capire la portata di tale affermazione, rischiamo di passare da un concetto sano di autostima all’affermazione narcisistica/egoistica di noi stessi, dei nostri bisogni, sugli gli altri. Contribuiremo a far crescere una società nella quale, in nome della ricerca sfrenata del benessere personale, diventi accettabile, solo per esempio:
-uccidere un amico d’infanzia perché ha commesso un errore;
-abbandonare i figli appena nati nei cassettoni, perché frutto di uno sbaglio;
-non svolgere il compito di madre e di moglie, perché ci si sente soffocare dalle responsabilità;
-invocare il nostro diritto a vivere in assoluta libertà qualsiasi tipologia di relazione perché la vita è una sola;
-decidere chi deve nascere e chi deve morire;
-restare indifferenti dinanzi ai fratelli che vivano situazioni di disagio materiale o spirituale o sociale.
Allora può diventare normale (= logico) divorziare, programmare le nascite, disfarsi degli anziani, ingombranti e non autosufficienti, “collocandoli” in cliniche di eccellenza (per chi ha denaro) e condannandoli a morire nella solitudine (accompagnati magari… da altri). Così, però, il verbo Amare diventa intransitivo, rimane incastrato nella fragilità angusta del nostro essere, mortificato dalla prigione della nostra incapacità di accoglienza e di accettazione dell’altro nelle nostre esistenze. Eppure l’amore di sé, per sé, sin dai tempi antichi è divenuto misura dell’amore per gli altri, secondo il comandamento che tutti ricordano: “ama il prossimo tuo come te stesso”. Alcuni ritengono che questo comandamento sia addirittura l’essenza del cristianesimo (cfr. Eugenio Scalfari nell’intervista-dialogo con papa Francesco). Noi sappiamo però che non è affatto così. Gesù lo interpretò e lo superò, lasciandoci il suo unico (e… nuovo) comandamento: “amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”, cioè non più “come te stesso”, ma “più di te stesso”: rischiando la vita per gli altri, perché in questo sta l’amore vero, “sempre transitivo”. Si! transita l’amore per vivere. Quando è giocato come intransitivo…rischia di morire e…, questo è il tragico, di far morire gli altri. Vi abbraccio di cuore, +don Tonino