Se la vicenda circa il bonifico versato dalla ditta di pulizie di Barrafranca all’autista del sindaco come contributo per la sua campagna elettorale, resa nota alla pubblica opinione con un articolo del giornalista Paolo Borrometi, ha nell’immediato suscitato tanto clamore, adesso, dopo i chiarimenti del primo cittadino, muove un sentimento di sconcerto.
L’inchiesta di Borrometi allunga gravissime ombre: elargizioni di contributi elettorali fuori dalle regole, gestione del servizio di appalto contraria alle normali prassi e logiche delle pubbliche amministrazioni, gara d’appalto con offerte tecnicamente anomale, i fantasmi della criminalità organizzata che aleggiano.
Tutto questo meritava, ed obbligava il Sindaco, puntuali precisazioni e chiarimenti per spazzare via ogni piccolo dubbio.
Invece si è assistito ad apodittiche affermazioni di assoluta regolarità del tutto, fondate solo sulla fiducia per l’operato dei suoi collaboratori e sulla buona fede del suo autista.
Una sorta di “tutto è avvenuto a mia insaputa”. Non sapevo. Non sono un tecnico.
Un Sindaco non può dire “non sono un tecnico, ma i miei uffici mi garantiscono che è tutto regolare”.
Un Sindaco, dinnanzi questi gravi dubbi di irregolarità di una gara d’appalto, prima di affrontare una conferenza stampa, pretende in visione tutto il carteggio, se non conosce la normativa va a studiarla. Dopo aver letto le norme e visto gli atti di gara avrebbe potuto dire che tutto è regolare. Invece pretende che ci si fidi. A priori, nonostante tutto.
La vicenda relativa al bonifico versato sul conto del suo autista, dallo stesso incassato l’indomani, riferito solo dopo due anni dopo, e solo per l’intervento degli inquirenti, viene chiusa offrendo lo stesso fidato collaboratore come agnello sacrificale sul quale, tuttavia, non cala la mannaia del Sindaco.
Buona fede a priori e nonostante.
Nonostante l’atroce dubbio sul perché e come mai una elargizione elettorale, proveniente da una impresa appaltatrice di un pubblico servizio, venga versata su di un conto privato anziché su quello indicato allo scopo.
Bonfanti non è stato mai un paladino di legalità (la pletora di impresentabili nelle sue liste, le delibere contro l’abusivismo edilizio ritirate e mai ripresentate, il controviale Marconi rifatto per intero tranne che per gli ultimi 30 metri per non disturbare la baracca abusiva oggetto di diverse ordinanze di sgombero, la burla della sospensione del consigliere Cultrera indagato per truffa elettorale).
Da lui non poteva pretendersi nulla di nuovo, forte della logica che la gente dimentica e che, se lo ha votato prima nonostante tutto, continuerà a votarlo, magari tramite un suo delfino.
Ma dal PD ci si attende qualcosa.
Un segnale. Una riflessione. Un colpo di reni per evitare il totale sfascio.
Per dimostrare che dopo il crollo elettorale è iniziata una seria riflessione sulle sue cause. La dimostrazione di una rinnovata consapevolezza che l’arretramento del PD non è stato causato da un elettorato ammaliato da forza populiste, semmai da uomini e donne che non hanno più voluto premiare con il proprio voto la triste deriva politica di questo partito, la sua abdicazione rispetto alle istanze di lavoro, di riduzione delle disuguaglianze, di restituzione dei diritti, di tutela del territorio e di legalità.
Appunto. Di legalità.
Se il PD non ritorna ad essere il presidio di legalità che una volta consentiva di urlare la propria diversità dagli altri, non ci sarà argine al totale crollo.
Per questo ci aspettiamo che il PD di Noto pretenda quella chiarezza che il Sindaco ha furbescamente evitato.
La pretenda con forza e sollecitudine. Senza pregiudizio certamente. Ma con il coraggio poi di tirare le dovute conclusioni.
Passione Civile