La RAI sarebbe, secondo le testate giornalistiche e non certo per informazione della stessa, indebitata fino al collo: ben 150 milioni di euro. Ma, come ben conosciamo, non da oggi la stessa azienda continua con la sua gestione ‘partiti-dipendente’ ad accumulare altri debiti e ovviamente non gli passa per la testa di ridurre i lauti stipendi dell’esercito di dirigenti di ogni livello, nè tanto meno ridurre drasticamente gli ingaggi a peso d’oro dei conduttori delle varie trasmissioni televisive.
Se ne strafrega di quei cittadini che ogni anno, loro malgrado, seguano o no i programmi RAI, devono versare la tassa chiamata eufemisticamente canone. E come capita in ogni Comune, con l’IMU o la TOSAP, per ripianare i debiti di una gestione fallimentare e autoreferenziata dell’azienda si chiederà al Governo di aumentare tale canone alla faccia della trasparenza e del cosiddetto (visto che è di moda) ‘ spending review’ (ma nessuno grida allo scandalo, tanto i capri espiatori dei mali della nazione sono stati già individuati e messi giornalmente alla gogna, a torto o a ragione, così i cittadini non pensano ad altro e la RAI sta al sicuro).
Alfio Lisi
Catania
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