La Polizia di Stato disarticola associazione a delinquere transnazionale dedita alla tratta di esseri umani. Si tratta della seconda operazione di questa portata, a distanza di pochi mesi dalla conclusione delle indagine “BABA – LOA”
Le vittime sono tutte donne nigeriane sottoposte a rito voodoo e costrette a prostituirsi per pagare un finto debito di 25.000 euro, alcune sono minori.
Tante le minorenni sottratte alla tratta di esseri umani dalla Polizia di Stato in occasione degli sbarchi e durante le indagini.
Una ragazza è stata liberata dal Servizio Centrale Operativo e dalla Squadra Mobile di Ragusa a Torino; doveva pagare 25.000 euro per essere libera dalla schiavitù psicologica della magia nera.
La rete criminale aveva dei punti di riferimento in Libia, Nigeria e in diverse regioni del nord Italia.
Le giovanissime vittime: “appena arrivata al centro di accoglienza mi hanno detto che dovevo chiamare per farmi venire a prendere e che avrei avuto un futuro, invece ho scoperto che avrei dovuto fare la prostituta per pagare 25.000 euro altrimenti avrebbero usato la magia nera sulla mia famiglia”.
Sbarcate a Pozzallo 6 mesi, sono state sottratte alla rete criminale dalla Squadra Mobile di Ragusa che grazie alla collaborazione delle organizzazioni umanitarie, le ha rifugiate presso una casa accoglienza in territorio ibleo.
La Polizia di Stato – Servizio Centrale Operativo e Squadra Mobile di Ragusa – ha eseguito 4 dei 5 provvedimenti di Fermo di indiziato di delitto con la collaborazione dei colleghi di Torino per IGBINOSUN FRIDAY Susan Osariemen, intesa “Joy” nata in Nigeria il 01.06.1989 e AGHAYERINMWINRE Evans, nato in Nigeria il 21.08.1980 e di Brescia per OMOREGIE UWA Patience intesa “Madame” nata in Nigeria il 05.06.1966 e OMORODION Faith, intesa “Mama” nata a Benin City (Nigeria) l’11.02.1972; uno dei destinatari del fermo è tuttora irreperibile.
Le 4 persone catturate sono state fermate in quanto gravemente indiziate dei delitti di cui agli artt. 416, 1^ e 6^ comma c.p. per avere, unitamente ad altri soggetti, allo stato ignoti (poiché in Nigeria e Libia), costituito e promosso un’associazione dedita: 1) alla tratta di giovani donne nigeriane (anche minori), illegittimamente introdotte nello Stato italiano al fine di avviarle alla prostituzione; 2) all’induzione e sfruttamento della prostituzione delle stesse. Reati aggravati dal fatto che si tratta di un gruppo che opera in più di uno Stato (Libia, Nigeria e Italia). Ed ancora dei reati previsti dagli articoli 110 e 601 c.p. perché, in concorso tra loro e con altri soggetti allo stato ignoti, approfittando dello stato di estrema indigenza in cui versavano le vittime, mediante l’inganno della promessa di un lavoro lecito e con minacce di mali ingiusti per sè e per i propri familiari (riti voodoo), reclutavano ed introducevano nel territorio dello Stato donne al fine di indurle e costringerle a prestazioni lavorative di tipo sessuale, con l’aggravante di aver commesso i fatti reato, al fine dello sfruttamento della prostituzione e per aver cagionato grave pericolo per la vita o l’integrità fisica e psichica della persona offesa.
LA GENESI
La Polizia di Stato, grazie alla costante opera svolta dagli uomini della Squadra Mobile di Ragusa, durante uno dei tanti sbarchi di migranti presso il porto di Pozzallo, notava un folto gruppo di ragazze nigeriane molte delle quali minori.
Le capacità investigative acquisite dagli investigatori della Polizia di Stato iblea permettevano di individuare alcuni indici di rischio per le ragazze, ovvero quegli elementi ricorrenti in caso di tratta di esseri umani e quindi la presenza di probabili network criminali transnazionali interessati alle donne appena sbarcate.
In relazione all’esperienza maturata, gli uomini della Squadra Mobile si avvalgono tra l’altro di una giovane interprete nigeriana, anch’essa sbarcata a Pozzallo qualche anno fa, ora inserita in modo stabile nei team investigativi della Polizia di Stato di Ragusa. Grazie all’opera di mediazione della citata donna si è riusciti a far “rompere” il silenzio ad una giovanissima migrante, così la ragazza ha raccontato agli investigatori la sua tremenda esperienza.
La donna riferiva di essere stata contattata in Nigeria da alcuni connazionali che le offrivano un futuro migliore, fatto di studi e lavori come baby sitter o badante. Considerata la sua gravissima situazione finanziaria, così come quella della sua famiglia, pertanto la giovane accettava di raggiungere l’Italia; per di più le avevano detto che non avrebbe dovuto pagare nulla, salvo poi rimborsare la somma versata per lei di 400 euro.
Tra le diverse dichiarazioni raccolte le ragazze hanno riferito: «Ero molto felice di andare in Europa per dar da mangiare alla mia famiglia>>; «Non sapevo che sarebbe stato così»; «Non posso scappare da questo a meno che non paghi»; «Gli africani hanno incantesimi così forti da poter distruggere qualcuno in un batter d’occhio».
Al fine di “proteggerla” dagli spiriti del male (questa l’iniziale motivazione), gli organizzatori la sottoponevano al rito voodoo, tagliandole una ciocca di capelli, i peli del pube e le unghie, scattandole anche una foto, ovvero il giuramento cosiddetto “JU – JU” (da qui il nome dell’operazione).
Il giuramento “JU – JU” è un antico rituale africano e poco si sa in merito alle origini del ju- ju; dovrebbe trattarsi di una tradizione dell’Africa occidentale che ricomprende una serie di rituali ed entità sovrannaturali partendo da aure, spiriti e fantasmi per arrivare alla credenza che gli oggetti possano avere proprietà magiche. Non è raro per i nigeriani di ogni estrazione sociale portare amuleti per allontanare spiriti maligni e sfortuna. Ma si crede anche che il potere del juju possa essere convocato ed usato solo da uno stregone. Contrariamente alla credenza popolare, juju non dovrebbe avere alcuna relazione con i rituali voodoo. I credenti affermano che lo juju può essere usato per “buoni” propositi come curare i malanni, ma lo juju “cattivo” può anche essere usato per infliggere una serie di disgrazie, come la pazzia, malattie o la morte; calameonti essiccati e polli sono spesso usati durante i rituali. Queste sono informazioni raccolte dagli investigatori durante le indagini, grazie soprattutto agli interpreti proveniente dalle stesse zone delle ragazze vittime di tratta.
Alle donne dicevano: “queste parti del tuo corpo ci serviranno per pregare per te, ma tu ricordati che se non onorerai i tuoi debiti morirai”; questo prima di partire, minacciando anche le loro famiglie.
La ragazza ascoltata per prima dalla Polizia, veniva informata che per le leggi italiane sarebbe stata protetta ed accompagnata presso una struttura inserita in un programma nazionale codificato dalla cd “legge antitratta”.
Una volta rassicurata, la giovane donna appuntava, poco prima di andare via, un numero di telefono di una delle criminali consegnandolo agli ispettori della Polizia di Stato.
“Questo numero l’ho dovuto imparare a memoria; mi avevano detto che una volta giunta in Italia avrei dovuto contattare questa donna e che lei mi avrebbe aiutato prelevandomi proprio presso la città di sbarco”.
La donna ovviamente non ha più fatto quella telefonata, evitando così di essere avviata alla prostituzione; per contro è ormai salva e lavora nel ragusano in una pizzeria (non meglio indicata dalla Polizia di Stato, a sua garanzia).
LE INDAGINI
Dopo aver acquisito le prime importanti notizie investigative, gli uomini della Polizia di Stato hanno chiesto ed ottenuto dalla Procura della Repubblica di Catania di intercettare l’utenza telefonica fornita dalla vittima sbarcata a Pozzallo.
Poco dopo aver dato inizio alle intercettazioni, gli uomini della Squadra Mobile di Ragusa e del Servizio Centrale Operativo, che coordina tutti gli uffici investigativi della Polizia di Stato, avevano un quadro già molto chiaro di quanto realizzassero i sodali dell’organizzazione.
Gli stessi risultavano “specializzati” in distinti ruoli: chi in Nigeria procacciava le ragazze promettendo facili guadagni, lavori leciti ed un futuro certo, sottoponendo però le vittime ai riti voodoo; chi in Libia fungeva da “connection man” per il trasferimento in Italia; chi prelevava le ragazze vicino ai luoghi di sbarco e chi poi le obbligava a stare su strada per prostituirsi.
In particolar modo capita spesso che le vittime di tratta diventino esse stesse carnefici poiché, per sottrarsi agli obblighi di versare denaro, divengono anch’esse delle “maman”, in modo da estinguere il debito senza più prostituirsi.
Nel concreto una rete criminale destinata solo ad allargarsi se non individuata dagli investigatori.
Le indagini sono durate pochi mesi ed hanno permesso di individuare un network criminale operante in Italia nelle città di Torino e Brescia ove si è proceduto alle catture.
I punti in comune che hanno legato in questa indagine quanti impegnati nelle varie città erano proprio i soggetti operanti in territorio straniero.
Chi “vende” le ragazze opera in Nigeria e Libia; in posizione diversa chi ha base in Italia o in nord Europa che prima “ordina” le vittime, spesso minori, per poi obbligarle alla prostituzione, pena disavventure prodotte dai riti voodoo.
Le migliaia di intercettazioni hanno, quindi, permesso di individuare questi soggetti presenti in Italia, raccogliendo per tutti i sodali gravissimi indizi di reità a loro carico.
Fortemente toccanti le violenze verbali usate dagli indagati, in un crescendo di responsabilità caratterizzato tra l’altro dalla totale assenza di rispetto della vita umana.
LE CATTURE
La Procura Distrettuale Antimafia ha valutato di procedere al Fermo di indiziato di delitto per impedire: in primis la reiterazione del reato, così sottraendo le vittime ai loro aguzzini; poi anche per evitare la fuga, stante il fatto che tutte le persone indagate sono risultate in possesso di regolare permesso di soggiorno italiano, potendo così liberamente ritornare in patria o spostarsi verso altri paesi, facendo poi perdere le loro tracce.
In questi giorni, gli uomini della Squadra Mobile di Ragusa, con la collaborazione dei colleghi di Torino e Brescia, coordinati dal Servizio Centrale Operativo, hanno eseguito le catture.
L’operazione molto complessa, perché articolata su territori diversi tra loro ma con soggetti comunque collegati, è stata portata a termine dopo un attento lavoro di localizzazione delle persone da catturare.
Durante l’esecuzione a Torino, è stato possibile sottrarre alla rete criminale una ragazzina che si trovava in casa di una delle arrestate che da poco era stata attirata nella rete criminale.
La stessa, rintracciata in una casa, non ha mancato di ringraziare la Polizia di Stato per averla sottratta ai suoi aguzzini, in quanto solo dopo la sua escussione ha compreso di essere l’ennesima vittima dei trafficanti.
Al termine delle catture, tutte le persone indagate sono state identificate dalla Polizia Scientifica e poi condotte nelle carceri più vicine al luogo di esecuzione del provvedimento di fermo.
Il Giudice per le indagini preliminari competente per zona ha convalidato i fermi dei 4 indagati rimettendo gli atti per competenza al Tribunale di Catania.
IL DIRIGENTE LA SQUADRA MOBILE
Commissario Capo della Polizia di Stato
Dott. Antonino Ciavola