Eva Brugaletta –
Potrebbe trattarsi di pizzo. Si fa strada questa ipotesi dopo l’ennesima esplosione, che non ha causato feriti, verificatasi giovedì nel laboratorio di fuochi d’artificio, dopo la deflagrazione che, poco più di un mese fa, sprigionò un’onda d’urto tale da sembrare un terremoto, mandando in frantumi le vetrate degli edifici circostanti e facendo tremare le terra a distanza di diverse centinaia di metri. Nel primo pomeriggio di ieri è andato a fuoco uno dei tre mezzi parcheggiati all’ingresso della fabbrica. E non sembrano accidentali, anche se nessuno conferma, le cause di questa nuova, seppur blanda, esplosione, che, comunque, ha richiesto l’intervento di ben due squadre dei Vigili del fuoco, una del distaccamento di Modica e l’altra di Ragusa, per domare le fiamme sprigionatesi dal mezzo interessato.
I residenti di contrada Cugni, purtroppo, hanno rivissuto l’incubo del sei settembre scorso. Poco dopo le 15, hanno udito l’esplosione. Sembrava lo scoppio di petardi, ma non sono in grado di affermarlo con esattezza. Hanno subito compreso che non avrebbero corso il pericolo mortale del mese scorso, ma i momenti di panico non sono mancati. Nonostante la concitazione del momento, la richiesta dei soccorsi è scattata immediatamente.
Dopo la bonifica settembrina della zona, l’area che perimetra la fabbrica era stata posta sotto sequestro per consentire lo svolgimento delle indagini. Questa nuova esplosione interessa quindi vetture sequestrate e già danneggiate dall’incendio dello scorso mese. Risulta impossibile in questo momento stabilire come proseguiranno le indagini.
L’assicurazione coprirà danni per oltre duecento mila euro, era grosso modo quella la cifra quantificata per i danni causati, lo scorso settembre, dalla deflagrazione che ha raso al suolo il laboratorio di fuochi d’artificio, spazzando via una struttura costruita in mattoni di calcare e coperta da una tettoia d’alluminio occupante uno spazio di ben centocinquanta metri quadri. Un’esplosione che avrebbe potuto avere tragici riverberi se l’incendio che si è di conseguenza sviluppato avesse raggiunto la polveriera poco distante o le “case matte” tutt’intorno alla fabbrica.
I carabinieri, che si occupano delle indagini, continuano a non sbilanciarsi. L’accidentalità delle esplosioni di settembre e di ottobre pare però non convinca. Le piste legate al pizzo o alla ritorsione, frutto della criminalità che gira attorno a questo mercato rigoglioso e pericoloso tanto quanto quello delle pompe funebri, sembrano sempre più accreditate, ma le bocche degli inquirenti rimangono cucite.
I titolari della fabbrica, i fratelli Moltisanti, si trincerano dietro ad un ostinato silenzio, non si lasciano andare a commenti oltre le mura della caserma, trasmettono solo una comprensibile ostilità se si pensa che questo è il terzo incidente che si verifica nel loro laboratorio a distanza di 14 anni. Pure allora, per fortuna, non si registrarono morti o feriti.