Eva Brugaletta –
Sarà concesso in locazione il chiosco in piazza Unità d’Italia. La famiglia Milana è stata sconfitta. I diritti acquisiti che i titolari denunciavano d’avere sulla struttura saranno spazzati via da un bando pubblico. La Giunta municipale, ieri, adottando la delibera n.115 ha dato indirizzo al capo settore degli Affari generali di procedere alla concessione in locazione del chiosco. L’indirizzo dell’amministrazione comunale prevede che l’individuazione del soggetto cui locare il bene avvenga “nel rispetto delle disposizioni di legge, previa pubblicazione di bando, teso ad acquisire l’offerta più vantaggiosa” e che “il contraente sia individuato tra i soggetti in possesso dei requisiti di moralità prescritti dall’articolo 38 del decreto legislativo 163/2006 e dei requisiti professionali per l’esercizio dell’attività che in realtà si intende esercitare nel chiosco oggetto della locazione”. Il medesimo indirizzo dispone che il contratto di locazione abbia una durata non inferiore a sei anni, rinnovabili, e che il conduttore assicuri l’apertura del chiosco almeno stagionale e proponga il canone di locazione maggiormente conveniente per il Comune, partendo da una base d’asta di 240 euro al mese. Nella deliberazione si evidenzia che “il Comune non dispone, nell’ambito della propria dotazione organica, di personale da destinare alla messa in esercizio della struttura e per detta ragione, nell’intento di voler rendere un servizio alla collettività e di voler valorizzare l’immobile, occorre rivolgersi all’esterno affidando la struttura in locazione in attività compatibile con il decoro del luogo”.
Il sindaco Piero Rustico ha tenuto a precisare:«Con questa delibera abbiamo sciolto il nodo relativo all’uso del chiosco. Riteniamo d’aver fatto la scelta migliore nell’interesse della collettività e soprattutto abbiamo posto fine a ogni strumentale polemica alimentata attorno alla assurda, quanto illegittima, pretesa della famiglia Milana d’avere assegnato il chiosco in spregio alle più elementari norme del diritto. Allo scadere del termine per la partecipazione al bando vedremo, in considerazione del canone veramente modesto ed equo fissato, quanto interesse reale al chiosco abbia la famiglia Milana e quanto, piuttosto, i comportamenti e gli sproloqui della medesima famiglia non siano solo polemica».
Secondo Uccio Milana si tratta invece «dell’incredibile storia di uno straordinario fallimento. Sono – dice – un imprenditore ridotto sul lastrico non per colpa della crisi, delle tasse, del calo dei consumi, ma dall’arroganza del potere costituito e dall’assenza del Diritto. Il chiosco ha prosperato fino al 2010, anno in cui sono stati decisi i lavori di rifacimento della piazza. Da lì inizia l’assurdo. Sono convocato per la prima volta negli uffici del Comune, per concordare insieme agli amministratori la mia temporanea chiusura e soprattutto la mia riapertura alla fine dei lavori, stimati in 6 mesi. Vado all’appuntamento e non trovo nessuno ad attendermi. Un funzionario mi dice che non ne sa niente e che posso andar via, mi faranno sapere. Nessuno mi ha mai fatto sapere nulla, malgrado i miei ripetuti solleciti: quindi io non so quando, se e come devo chiudere, e che ne sarà del chiosco attuale e futuro. Decido di continuare comunque l’attività, che dopotutto è mia e io sono libero di aprire anche se la piazza è transennata. E invece un giorno arrivano i vigili urbani, che mi notificano cinque denunce penali appena depositate alla Procura della Repubblica da parte del Comune. Il Chiosco sarebbe irregolare sotto diversi punti di vista (tutti successivamente contestati, ovviamente), quindi sul momento mi vedo costretto a chiudere e andarmene. Chiudo ma non mi arrendo: contesto la denuncia e reclamo i miei diritti. Il sindaco, a seguito dell’avvicinarsi delle elezioni amministrative, mi affida in via del tutto temporanea il chiosco-bar di una piazzetta secondaria. I guadagni sono azzerati nel giro di niente e nessuna iniziativa culturale ha potuto attecchire in un posto come quello. In tre anni la piazza è stata rifatta, è sorto un nuovo chiosco e il sindaco (lo stesso di 4 anni fa che nel frattempo è stato rieletto) ha annunciato che a breve la nuova struttura – bar sarà riassegnata mediante bando pubblico. Io? Che mi arrangi. Le carte firmate? Le promesse? Lo “stringete i denti per 6 mesi e tornerete al vostro posto”? Tutto falso. Ovviamente sto portando avanti la mia battaglia legale nelle sedi opportune, per sostenere la quale ho dato fondo a tutti i miei risparmi. Alcuni amici, inoltre, hanno protocollato una raccolta firme affinché io potessi ritornare a lavorare, un amministratore ha detto loro con ghigno malefico che tutte le firme raccolte saranno nulle, solo tempo perso e che dovrei reputarmi fortunato a stare in Germania. Vivo – conclude – ormai da un anno in Germania: famiglia sparpagliata, solo debiti, poche prospettive e tanta, tanta sete di Giustizia, perché io ancora ci credo e perché la voglio».