Nasce il Governo, muore il Comune
Gli italiani possono ancora sperare, gli ispicesi no
È stato dichiarato il dissesto finanziario del Comune. Il Consiglio comunale s’è favorevolmente espresso sull’adozione dello strumento di risanamento alternativo e su sedici presenti in aula nel momento della votazione, nove consiglieri hanno votato positivamente e sette consiglieri in modo contrario.
Hanno detto sì al dissesto i consiglieri Angelo Fidelio, Meluccio Fidelio, Titta Genovese, Giovanni Lauretta, Paolo Monaca, Carmelo Padova, Salvuccio Rustico, Salvatore Spatola e Biagio Solarino.
Prima di votare, hanno lasciato l’aula i consiglieri del Pd, Pierenzo Muraglie e Giuseppe Roccuzzo, dichiarandosi, «da sempre, contrari al dissesto» e affermando che «la responsabilità di votare lo strumento di risanamento alternativo dovevano assumerla coloro i quali hanno sostenuto per otto anni l’amministrazione comunale», riferendosi ai colleghi consiglieri prima in maggioranza, oggi, opposizione consiliare.
Dura al riguardo, la reazione del sindaco Piero Rustico contro il Pd, ritenendo i suoi rappresentanti «incapaci di un’assunzione di responsabilità» e «solo in grado di fare comizi in aula consiliare per, poi, fuggire a gambe levate nel momento in cui s’è deciso l’infausto destino dei cittadini». Giudicando inoltre gli altri consiglieri che hanno votato il dissesto come i «trionfatori dell’irresponsabilità, che hanno curato i personali interessi a spese degli ispicesi».
Genovese ha replicato che la nuova opposizione «non ha agito per interesse, ma solo nel rispetto della legalità, visto che la Corte dei Conti ha imposto la dichiarazione di dissesto», pena lo scioglimento del Consiglio comunale.
Le parole del sindaco Rustico hanno però fatto breccia: forse la preoccupazione maggiore di diversi consiglieri atteneva solo alla «necessità» di alcuni di loro nel fare in modo che il consiglio comunale non fosse definitivamente sciolto, approvando il dissesto finanziario del Comune, cosa che si sarebbe verificata se lo strumento di risanamento non fosse stato adottato.
Il sindaco Rustico in un suo intervento sosteneva che si «doveva dire no alla dichiarazione di dissesto, perché ne mancavano i presupposti e perché l’ultimo decreto legge, il numero 35 dell’8 aprile scorso, rappresentava una nuova opportunità che il legislatore fornisce a tutti gli Enti locali di uscire dalle secche in cui li hanno cacciati le politiche di rigore intraprese in seguito all’imponente crisi economica». Provvedendo ad inviare la richiesta di adesione al decreto, dopo aver adottato la delibera di giunta, con la finalità di recuperare dodici milioni di euro per pagare debiti e fornitori. Asserendo inoltre che «votando il dissesto non si poteva usufruire di questa eventuale e vantaggiosa possibilità di recuperare liquidità e di spalmare tale credito in trent’anni».
Solarino ha invece «assicurato che l’Associazione nazionale comuni italiani ha già pubblicato, in data 12 aprile, un elenco di emendamenti al decreto, proprio ad integrazione dell’articolo 1 di detta legge. Infatti, uno di questi emendamenti prevede l’inserimento all’articolo 1 del comma 16 bis, che recita “Gli enti che hanno deliberato lo stato di dissesto possono richiedere la liquidità di cui al comma 13”. La motivazione per la quale si richiede tale emendamento è questa: “Si chiede che anche gli enti in stato di dissesto possano accedere al diffondo per assicurare liquidità per pagare debiti certi e esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2012”. Sono stati già calendarizzati – conclude Solarino – i lavori in commissione alla Camera dei deputati nei giorni 6 e 7 maggio, con all’ordine del giorno, appunto, gli emendamenti per la conversione in legge del decreto legge 35 del 2013».
L’immediata esecutività del dissesto è stata votata all’unanimità e gli atti trasmessi in Prefettura come disciplina la legge. Presto, la Regione procederà alla nomina dei commissari straordinari (generalmente funzionari della Prefettura), che formeranno una commissione (la commissione dissesto). La commissione effettuerà, in primis, una ricognizione atta a quantificare l’entità del debito maturato dal Comune. Successivamente, si procederà al risanamento economico dell’ente, con tutte le conseguenze del caso.
Il dissesto comporterà, in sostanza, nella misura massima, l’aumento di imposte, aliquote, tariffe e tasse, come oneri di urbanizzazione, Imu, Tarsu, canone idrico e servizi. Il rincaro rimarrà invariato per cinque anni. Si cristallizzerà il debito sui creditori, non producendo interessi e rivalutazione monetaria, ma solo l’estinzione delle procedure esecutive, che escludono i pignoramenti.
Il sindaco, la giunta e il consiglio comunale rimarranno in carica, ma sotto l’egida della commissione dissesto.