Eva Brugaletta
«Si è ancora in tempo per salvare la città». Ne sono convinti i rappresentanti del movimento cittadino Ispica domani, che ritengono «si possa evitare il dissesto, facendo ricorso al Tar di Catania, impugnando la delibera n. 28 del 2013», prodotta dalla Corte dei Conti, che «accerta la mancata presentazione del piano di riequilibrio finanziario con il conseguente dissesto finanziario del Comune. Il Consiglio comunale adotterebbe un atto consiliare dove si evince la volontà d’adesione alla procedura di riequilibrio pluriennale di bilancio, che consentirebbe all’ente di spalmare i debiti nell’arco di dieci anni».
La Corte dei Conti sulla questione è stata chiara, attivando coattivamente la procedura di dissesto finanziario, dopo avere accertato «la mancata presentazione del piano di riequilibrio finanziario entro il termine perentorio di sessanta giorni, posto dall’articolo 243 bis, comma 5. Conseguentemente, l’assegnazione al consiglio comunale dell’ente, da parte del prefetto, del termine non inferiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto (applicazione dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011), in conformità a quanto disposto dall’articolo 243 quater, comma 7».
La lettura della norma e la ratio sopra descritta parlano chiaro. E non danno adito «né ad una riapertura dei termini per la procedura di riequilibrio, in quanto il termine di sessanta giorni entro cui adottare lo strumento di risanamento (Piano di riequilibrio pluriennale) è trascorso infruttuosamente, quindi, sarebbe superfluo e contraddittorio reiterarlo, oltre che contra legem, né ad una regressione alla fase iniziale della procedura ex articolo 6 comma 2 del decreto legislativo 149/2011 ». Ossia, la Prefettura, acquisiti i documenti trasmessi dalla Corte dei Conti, fornirà venti giorni tempo (il termine è perentorio e decorre dalla data di notifica dell’intimazione a deliberare il dissesto da parte del prefetto) al presidente del Consiglio comunale, Giuseppe Quarrella, per riunire la massima assemblea cittadina utile a dichiarare il dissesto.
I consiglieri comunali saranno quindi chiamati a votare il dissesto: qualora la massima assemblea cittadina non dovesse deliberare a favore del dissesto, s’insedierà un commissario nominato dal prefetto, che, disposta la procedura, provvederà a deliberare il dissesto al posto del Consiglio comunale, che, subito dopo, sarà sciolto.
Proclamato il dissesto, la Regione procederà alla nomina di tre commissari straordinari (generalmente funzionari della Prefettura). Formeranno una commissione (la commissione dissesto), che effettuerà, in primis, una ricognizione atta a quantificare l’entità del debito maturato dal Comune. Successivamente, si procederà al risanamento economico dell’ente, con tutte le conseguenze del caso.
Rassegna nel frattempo le dimissioni il consigliere Mario Santoro, «rimuovendo così la ipotesi di incompatibilità prevista dall’art.42 quater del Regio decreto del 30 gennaio 1941 n.12 ai fini della riferita nomina a Giudice onorario di Tribunale, in esecuzione del bando di selezione pubblicato sulla Guri, serie concorsi, del 7 dicembre 2007, n. 97». Prenderà il suo posto, la prima dei non eletti Maria Carmela Spadaro.