Il presidente del consiglio provinciale di Siracusa Michele Mangiafico interviene nel dibattito sulla abolizione delle Province , sui costi della politica e l’architettura istituzionale del Paese.
Nel dibattito sulla soppressione delle Province si moltiplicano gli interventi di chi continua a guardare il dito anziché la luna. Cavalcare sic et simpliciter il tema dell’abolizione delle Province consente infatti ad una buona parte del sistema dei partiti di nascondere dietro l’idea del risparmio economico gli effetti devastanti che verrebbero prodotti dalla riforma:
1. L’eliminazione di un ente i cui rappresentanti vengono eletti dalla cittadinanza, che ha un contatto diretto con gli amministratori, non esclude la sostituzione di questi rappresentanti con altri che verrebbero “nominati” (dai consorzi tra comuni, dalla Regione, a seconda della soluzione che si sceglierà in seguito), producendo un ulteriore deficit di democrazia;
2. Le competenze delle Province (strade provinciali, scuole superiori, tutela ambientale, sviluppo economico, servizi sociali) andrebbero riattribuite ad altri soggetti determinando rapidamente la considerazione che alcune problematiche che interessano più comuni necessiterebbero di nuovi soggetti sovra comunali per essere gestite;
3. Ai nastri di partenza sono pronti nuovi carrozzoni di secondo livello (come gli Ato, i consorzi, le società miste, i Gal…) che si andrebbero ad aggiungere ai 7 mila già esistenti in Italia e i cui consigli d’amministrazione costano il 2,6% del bilancio dello Stato contro l’1,5% delle rappresentanze elettive delle Province, senza che i cittadini abbiano la possibilità di decidere chi li debba governare nelle varie materie di competenza di questi enti. La semplice abolizione delle Province potrebbe essere uno strumento per accrescere il potere di scelta dei partiti su chi amministrerà alcuni settori della vita pubblica, allontanando ulteriormente il cittadino dalla politica e dalle istituzioni. Anche quando si produsse la legge Galli si promuoveva l’idea di una razionalizzazione della gestione del sistema idrico a tutto vantaggio dei cittadini, mentre sappiamo che l’esito è stato quello di togliere competenze ai Comuni e ai Sindaci per affidarle ad enti, gli Ato, più lontani dai cittadini e i cui amministratori non sono eletti da loro, col risultato di scelte che la cittadinanza ha recentemente bocciato con alcuni referendum. Al contrario, l’esigenza emersa in questi mesi e che va condivisa è quella di razionalizzare l’attuale architettura istituzionale e avvicinarla al cittadino, individuando quali siano le strade migliori per raggiungere l’obiettivo senza determinare un deficit di democrazia: 1. Restituire agli enti locali di primo livello (Comuni e Province) molte delle competenze che furbescamente la Regione e lo Stato hanno tolto loro affidandole nel tempo a tutta una serie di carrozzoni di cui non parlano mai quando si parla di riforme per semplificare l’architettura dello Stato; 2. Promuovere processi di unificazione dei Comuni più vicini incentivando processi virtuosi come quelli già accaduti anche nel nostro territorio (vedi di recente l’Unione Monti Climiti fra Floridia e Solarino) per gestire in due o più comuni gli stessi servizi risparmiando sui costi; 3. Pensare ad una riduzione delle Province unificando tra di loro quelle con un minor numero di cittadini da amministrare, ma lasciando in questo modo in capo a soggetti “eletti” le competenze delle attuali nove Province;
4. Spogliare la Regione di competenze che oggi rendono al cittadino lunga e farraginosa la strada per la risoluzione dei problemi e affidarle agli enti a lui più vicini (Comuni e Province). In questo modo si produrrebbero risparmi maggiori, avvicinando molto di più i cittadini ai soggetti in capo ai quali sono poste le competenze per la risoluzione dei problemi.