PALERMO -“Libero Grassi fu ucciso dalla mafia perché lo Stato lo lasciò da solo nonostante ebbe il coraggio di denunciare, anche pubblicamente, il racket delle estorsioni a Palermo”. Ad affermarlo è il parlamentare all’Ars del Gruppo Grande Sud – Pid, on. Pippo Gennuso nel giorno del venticinquesimo anniversario del delitto dell’imprenditore tessile palermitano. “ Lo ha pure affermato la figlia Alice che suo padre non ebbe le dovute attenzioni da parte dello Stato, nonostante avesse denunciato gli uomini di Cosa Nostra che gli chiedevano il pizzo. Ricordo – aggiunge Gennuso che anche l’Associazione degli industriali lo tacciò di protagonismo. Ma oggi lo Stato continua a non garantire sicurezza e protezione a quanti, imprenditori e commercianti siciliani, si ribellano alle estorsioni. Spesso – aggiunge Gennuso – vengono utilizzati due pesi e due misure: auto di scorta a finti paladini dell’Antimafia, alcuni tra l’altro pure indagati per rapporti con padrini di Cosa nostra, ed altri soggetti che pur avendo denunciato con nome e cognome gli aguzzini,, vengono lasciati da soli, oppure gli viene dato come contentino per metterli a tacere la “vigilanza video sorvegliata”. Le cose debbono cambiare se si vuole debellare una piaga sociale in Sicilia come l’estorsione. Chi denuncia – conclude Gennuso – non deve rimanere isolato, ma deve avere tutte quella garanzie personali e per i propri familiari. Se tutto ciò non avverrà, saranno sempre meno coloro che si presenteranno nelle caserme dei carabinieri della Finanza o nelle Questure a denunciare gli uomini del pizzo. E la denuncia non è un fatto premiale, ma un senso di civiltà. Ma lo Stato deve esserci, sempre e comunque”.
Palermo, 29 agosto 2016