Così scrive Gennuso (il testo integrale che riceviamo e pubblichiamo)
“Cari amici.Voi, come me, pensate legittimamente che le regole nella vita siano importanti. Le regole e il loro rispetto. L’etica e il suo rispetto. La deontologia professionale e il rispetto per il proprio pubblico di riferimento: che il vero professionista deve, o meglio dovrebbe,considerare principi fondamentali del proprio agire.Soprattutto quando si tratta di un giornalista.
Sì, perché quello di operatore dell’informazione è un ruolo ammirevole ma delicato. Informare è un’arte che ha una duplice finalità: quella di informare, appunto, ma anche e soprattutto quella di “formare”, cioè incidere sul processo di costruzione delle opinioni del soggetto e della collettività..
Io come voi credo ancora in questa visione, forse nostalgica, del giornalismo. Credo ancora nel valore straordinario di questa professione. Ma proprio per questo pretendo, o perlomeno mi aspetto, che chi lo svolge, il mestiere di giornalista, sia degno di questo ruolo.Sia degno di essere definito tale.
Il signor Borrometi non è tra questi.Non è un giornalista, se non sulla carta. Lui che utilizza lo strumento in modo distorto. Lui che scavalca i principi fondamentali della suaprofessione. Lui che calpesta le regole etiche e deontologiche. Lui, chesi atteggia a “star antimafia del web”, specchiandosi nel numero di
interazioni dei suoi post che deformano la realtà e la ricostruiscono attraverso percorsi diffamanti e menzogneri. Scientificamente menzogneri.
Ve lo spiego in una rapida sequenza, chi è il “giornalista” Borrometi,limitandomi ad esplicitare alcuni passaggi delle sue “inchieste” che mi hanno toccato personalmente. Non so se ne siete al corrente: il Garante per la protezione ha stabilito che la diffusione delle foto segnaletiche è consentita solo per fini di giustizia o di polizia. Borrometi ha diffuso sul web, e quindi anche sui social network, la foto segnaletica del sottoscritto.
Che significa?
Che ha violato – tra gli altri – l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Per un pugno di click. Per suscitare indignazione. Per soffiare sul fuoco del giustizialismo più deteriore. Per diffamare senza vergogna.Ma Borrometi è andato oltre.
La pubblicazione della foto segnaletica non era sufficiente: aveva bisogno di soffiare ancora più forte, su quel fuoco di indignazione,dimenticandosi che la verità è il primo comandamento del giornalista,quindi anche il suo: perché o sei o non sei giornalista. Ma il Nostro si è affidato alla menzogna: mente, Borrometi, sapendo di mentire. Senza alcun riguardo, non tanto per il sottoscritto, quanto per i suoi lettori. Scrive che il sottoscritto avrebbe “comprato voti dalla mafia”: un’ipotesi di reato che era già stata incenerita. Archiviata dalla Procura di Catania. Con buona pace di Paolo Borrometi, che si era prodigato con tutto se stesso per divulgare materiale investigativo quando ancora le indagini erano in corso. Ma il Nostro pensa di potersi permettere questo e tanto altro. Di superare una verità già accertata e venderla al suo pubblico riformulata in un’affascinante menzogna. Perché lui non è un giornalista: è un “Eroe”. E agli eroi tutto è consentito, anche calpestare la propria professione, oltreché la dignità altrui. E la verità. Per un pugno di click. Per suscitare indignazione. Per soffiare sul fuoco del giustizialismo più deteriore. Per diffamare senza vergogna. Ma il tempo presto o tardi ci restituisce la verità che regge oltre la menzogna. Le maschere prima o poi cadono e resta l’uomo o ciò che resta di un uomo e anche di un “eroe”.
Intanto, in attesa di tutto questo, io Borrometi l’ho querelato.
E allora, riguardo al Nostro Borrometi, che utilizza la sua “penna digitale” ad orologeria, attaccando i nemici e proteggendo gli amici con i silenzi e le omissioni, il futuro ci dirà probabilmente tanto. Il tempo e il lavoro di persone serie ed oneste faranno luce su alcuni episodi che hanno innalzato i livelli di “percezione eroica” che alcuni attribuiscono a Paolo Borrometi.
Un attentato con autobomba ai suoi danni, un’aggressione ai suoi danni, un tentativo di incendiare la porta di casa sua.Tutto è ancora avvolto dal mistero. Tutto prima o poi vedrà la luce.
Vedremo, cari amici.
Io sono già andato oltre quella maschera, perché ho pagato con la mia pelle. E ciò mi ha procurato dolore ma non rassegnazione. Quindi so già cosa ci dirà il futuro: dov’è la verità e dov’è la
messinscena. Chi sono gli uomini e chi le maschere.
Tempo al tempo.”