-LA FRITTATA RIVOLTATA DEL MANCATO UTILIZZO DEI FONDI UE-
L’Italia è davvero un Paese senza memoria. E’ bastato che “La Repubblica” commentasse la lettera della Commissione UE dello scorso mese di luglio, in risposta alla proposta del governo italiano sull’utilizzo dei fondi strutturali 2014-2020 spedita il 22.4.2014, con cui Bruxelles ha contestato l’inesistenza di una strategia in materia da parte del Bel Paese, che immediatamente scoppiasse una polemica su uno scandalo di antica e collaudata deficienza della P.A. italiana. Eppure la stessa notizia era già stata pubblicata dai mass media il 10 luglio, con esplicito riferimento alle richiesta di chiarimento avanzate da Bruxelles al governo, senza suscitare effetto alcuno. E allora perché adesso è scoppiato il caso? Al punto da spingere Renzi a mobilitarsi il 14 agosto in un tour nel suo solito stile tutto di corsa, frasi ad effetto e zero proposte? Perché stavolta erano stati pubblicati analiticamente i punti delicati della lettera dell’UE e il governo ne usciva a pezzi, specie perché era il secondo sollecito in materia. Un fatto che evidenziava l’inesistenza di qualsivoglia cambiamento, che il Premier, abituato a scaricare su altri i limiti e le deficienze della sua per nulla innovativa strategia di governo, non poteva tollerare. E così è venuto al Sud ed è rimasto una manciata di minuti a ogni tappa, unicamente per dire che è il Mezzogiorno che non sa spendere e che fino a quando non ci riuscirà, lo stato non avrà nulla da fare. Una vera operazione di scarica barile, ancora più ipocrita alla luce dell’accentramento dei ruoli di comando e gestione dei fondi europei a carico del serioso sottosegretario alla presidenza Del Rio, secondo cui “tutto va bene madama la Marchesa” e con Bruxelles sarebbe già stato tutto chiarito. Ed invece pare che le cose non stiano così. Infatti, a tutt’oggi nessuna delle cause alla base del mancato o scorretto utilizzo dei fondi UE risulta intercettata e rimossa. Non a caso ho presentato lo scorso anno una articolata denuncia alla Procura della repubblica presso la Corte d’Appello di Roma e presso la Corte dei Conti, perché nella mancata utilizzazione dei fondi UE c’è molto di più che una semplice vicenda di mal governo e cattiva amministrazione, bensì un vero attentato alla vita e al futuro del Mezzogiorno e, conseguentemente, dell’intero Paese. Anche perché occorre sempre tenere presente che i fondi UE non basta spenderli, ma è fondamentale farlo per le finalità cui sono destinati e cioè per realizzare politiche di coesione capaci di eliminare i gap strutturali dei territori con deficit di sviluppo, e metterli nelle condizioni di competere in termini di attrazione di investimenti e per favorire crescita e occupazione. Orbene la storia antica e recente dei fondi UE in Italia racconta che mai un solo euro è stato finalizzato alla realizzazione dei veri obbiettivi per cui i Fondi strutturali Europei erano stati concessi, mentre al contrario, si registrano per ogni programmazione, una teoria di rimodulazioni, disimpegni, destinazioni improprie e, soprattutto, finanziamenti di “progetti di sponda”, del tutto estranei a qualsivoglia corretta programmazione economica. Il ricorso a tali progetti, infatti, è l’unica modalità che consente di spendere le risorse UE, ma in modo del tutto sterile, perché di fatto riguarda la copertura di opere pubbliche già finanziate in altri programmi di spesa, e in corso di realizzazione, e quindi del tutto estranee a logiche legate ai fondi strutturali, e il cui unico scopo è di “salvare la faccia” a politici e burocrati responsabili del fallimento epocale delle strategie di sviluppo del Sud. Il Presidente Crocetta nel patetico tentativo di alleggerire le sue responsabilità, ha tentato di dare una lettura in positivo del fallimento di una gestione dei fondi strutturali senza attenuanti e ha parlato di significativo miglioramento delle percentuali di spesa. In ciò sperando che nessuno si rendesse conto del danno enorme subito dall’Isola, la cui dotazione finanziaria originaria del PO FERS era di ben 6.500 milioni di Euro ed è stata ridotta, con l’assenzo di Crocetta, a 4.360 milioni, con un perdita del 33%, e di questi la spesa certificata a poco più di un anno dalla scadenza è di appena il 43%, mentre la qualità della stessa, in temini di poltiche di coesione e sviluppo è pari a ZERO! I fondi UE come i cannoni di Mussolini, servono ad ogni governo per enumerare le risorse disponibili per il Sud, sempre le stesse, e mai erogate. Nel DDL “sblocca Italia” figurano opere per il Sud da finanziarsi con i fondi UE già inseriti nell’ultima rimodulazione dell’ex Ministro Trigilia, lasciata quasi del tutto inevasa, tranne che per alcune voci, come quella dello stanziamento di un miliardo per finanziare i cantieri di lavoro dei comuni, quanto di più antico ed antieconomico in termini di politiche di sviluppo è concepibile fare. In altre parole l’esatto contrario delle politiche di coesione. Così come le strategie dell’ex Ministro Barca, esperto della materia anche perché capo per oltre 20 anni del dipartimento per la coesione, che non ha trovato di meglio da fare che stornare buona parte dei POIN cultura e turismo, concessi dall’UE solo al Mezzogiorno d’Italia per avviare strategie innovative nei settori più congeniali alle vocazioni dei territori interessati, per finanziare progetti per “anziani non autosufficienti” e “giovani”. Ma se cacciare politici e burocrati inetti è certamente una priorità, oltre che un atto di giustizia non più procrastinabile, ciò che occorre veramente è un radicale cambiamento di metodo di governo, che Renzi annuncia a parole, ma che non ha riscontro nei fatti. Non a caso la Commissione UE nella lettera di luglio, contesta al governo l’assenza di “strategia di specializzazione intelligente” e cioè in “burocratese” l’assenza di un piano di sviluppo per il Paese e, conseguentemente, per il Sud. Inoltre contesta gravi problemi di “governance” e cioè l’incapacità della classe politica e soprattutto burocratica a intestarsi azioni di sviluppo, e finora l’assenza di qualsivoglia provvedimento capace di intaccare i meccanismi perversi dei “burosauri” che vanificano ogni buona intenzione di rilancio economico. Inoltre Bruxelles non a caso rileva il deficit dell’Italia in tutti gli ambiti che contano per il rilancio economico, come nell’Innovazione, nella Competitività, nell’Istruzione e nella Cultura, oltre che nella superficialità di delineare con accuratezza i criteri di selezione dei soggetti del partenariato con cui interagire. Se il governo non scioglierà subito questi nodi rivoluzionando la gestione delle risorse pubbliche, non anteporrà una visione sistemica all’assegnazione delle risorse, non introdurrà dei misuratori per verificare a posteriori la validità delle spese e delle scelte effettuate, se non tenterà di colpevolizzare strumentalmente i meridionali e, soprattutto, se non rimuoverà senza eccezione alcuna, tutti coloro che per decenni hanno determinato questo disastro epocale, fra sette anni correremo ancora una volta al riparo dei “progetti sponda” e registreremo gli stessi risultati negativi degli ultimi sette anni, nel corso dei quali il mancato utilizzo dei Fondi UE non ha fatto argine alle devastazioni di una crisi che nel Sud ha distrutto 600.000 mila posti di lavoro e bruciato 47,7 miliardi di PIL.
On. Nicola Bono