Riforme epocali, strabilianti. Quella che negli scorsi giorni è stata annunciata dal Ministro Giannini si prospetterebbe come una vera e propria rivoluzione: indiscrezioni e rumors hanno annunciato un’ondata di cambiamento che rivoluzionerebbe la scuola a tutto tondo, forte di un miliardo di euro da investire e di un governo solido che legittima pienamente le scelte ardite del Ministro, a detta della cronaca. In realtà, proprio le anticipazioni di un Ministro che, piuttosto che creare una forte e costruttiva contrattazione con i Sindacati Studenteschi, coinvolgendoli nella discussione politica, avrebbe deciso di regalare la stessa fiducia alla platea gremita del Meeting di Comunione e Liberazione, a Rimini, riecheggia in maniera tetra e agghiacciante una progettualità e una visione del mondo dell’istruzione tipica dei ministeri che (ahi noi) l’hanno preceduta.
Se da un lato il ministro Giannini ha lanciato spunti interessanti, soprattutto a proposito dell’impiego del digitale e innovazioni didattiche, di un rapporto più equo tra studenti disabili e insegnanti di sostegno, dall’altro questo fazzoletto di speranza copre a malapena l’eredità classista, elitaria e privatistica di un ministero, debole, in bilico e con le mani legate, che fino ad ora ha annunciato i provvedimenti relativi al mondo della scuola in maniera spottistica e utilitaristica, senza una reale prospettiva democratica, inclusiva e vicina a chi ha più difficoltà.
E’ così che il ministero “della pubblica istruzione” annuncia la detassazione delle scuole paritarie, cosicchè “gli studenti non siano condizionati nella scelta” tra una scuola pubblica martoriata e screditata, massacrata da dl e riforme che ne hanno totalmente prosciugato le risorse, e il settore privato, ancora una volta garante di interessi e poteri, tra istituti paritari, enti privati e diplomifici. E’ così che il ministero incentiverà i privati a finanziare laboratori e servizi scolastici, scelta che, se non gestita con cura e imparzialità, finirebbe inevitabilmente per creare un rapporto di dipendenza tra scuola e privato, regalando un peso non indifferente alle aziende e agli imprenditori nelle scelte dei presidi e dei consigli d’istituto. E’ così che il ministero intende rilanciare l’alternanza scuola-lavoro negli istituti professionali come unica misura per arginare la dispersione scolastica, creando una frattura ancora più profonda tra licei e non-licei, tra scuole di serie A e scuole di serie B, esasperando la differenza tra formazione accademica e formazione professionale.
Parla Andrea Manerchia, Coordinatore Regionale della Rete degli Studenti Medi Sicilia: “Tra privati, disparità e ridimensionamento dei poteri della scuola pubblica, ancora nessun punto di discontinuità con il passato. Ancora una volta si parla di merito senza definirne bene i parametri, proponendo di ridistribuire compensi finanziari ai docenti in base ad attività o progetti che questi coordinerebbero o a cui parteciperebbero: quando il sistema del merito è utilizzato in maniera impropria, esattamente come è stato inteso in questi anni, si tende solo ed esclusivamente a premiare le eccellenze, non solo lasciando indietro, ma addirittura penalizzando chi ha più difficoltà sotto il punto di vista economico, sociale, culturale e formativo. Il merito, per come lo intendiamo noi, non può che essere concepito come motore di equità sociale ed educativa, come strumento utile ad appianare le disomogeneità, più che acuire le differenze.
Per mettere in atto il tutto, si parla di un fantomatico miliardo di euro, un “capitale fantasma” che ricorda vagamente il miliardo e mezzo prospettato per il decreto sull’edilizia, mai visto. E’ già da queste prime indiscrezioni che prospettiamo l’andazzo di questo autunno, che “inaugureremo” il prossimo 10 Ottobre in più di venti piazze di tutta la Sicilia, riempiendo la nostra mobilitazione di contenuti e proposte per una scuola realmente pubblica, realmente gratuita e aperta a tutti, realmente capace di educare e ispirare i giovani delusi e rassegnati della nostra generazione: scenderemo in piazza con la rabbia e l’entusiasmo, con la voglia di cambiare il nostro futuro e quello del nostro Paese, perché se c’è una ricetta utile a risalire dal baratro, quella è investire con coraggio e progettualità sulla scuola pubblica, senza mezzi termini. Scendiamo in piazza per dire che se c’è una “grande bellezza”, quella siamo noi, sono i nostri banchi di scuola, i nostri libri sudati, le nostre aule affollate. E’ da lì che si riparte, per una scuola e un paese di qualità!”
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