Un appuntamento molto intenso e partecipato è stato il Giubileo degli educatori, celebrato a Modica nel cantiere educativo Crisci ranni il giorno dell’anniversario del martirio di don Puglisi, la cui icona – scritta dalle Clarisse di Paganica all’Aquila – ricorda che è stato come il chicco di grano di cui parla il Vangelo: morendo, ha portato frutto. Il primo momento è stata la celebrazione eucaristica. All’omelia padre Giovanni Salonia, che concelebrava con il parroco don Franco Cataldi e con il missionario padre Gianni Treglia, ha ricordato come nell’educarci è sempre importante anzitutto la mamma – nella liturgia del giorno si faceva memoria della Beata Vergine Addolorata – ma anche la misura dei testimoni, come don Puglisi, che per far crescere veri e liberi i suoi ragazzi arriva a dare la vita. Quello che conta è esserci, esserci anzitutto con lo sguardo. E aiutare i giovani che crescono a coltivare quella vita interiore dalla quale trarranno forza e alimento. Ed anche – ha ancora sottolineato il cappuccino direttore dell’Istituto di Gestalt – occorre educare con gioia, occorre educare non come costrizione e regola ma come felicità condivisa, felicità cercata, felicità sempre ritrovata. Secondo momento è stata la performance teatrale su don Puglisi, curata dalla Compagnia del Piccolo Teatro, a partire da brani del romanzo di Alessandro D’Avenia “Ciò che inferno non è” e dal libro di don Corrado Lorefice “La compagnia del Vangelo”. Molto commovente poter rivivere i dialoghi di don Puglisi con i suoi ragazzi e la sua preghiera nella prova. Come seme che si dà e diventa pane, simbolicamente distribuito ai presenti. Il pane di don Puglisi, qualcuno ha sussurrato. Il pane di una vita donata educando e di donarsi fino in fondo che è diventato parto per uccisione, è diventato pianta cresciuta anche nel nostro territorio, in cui tanti trovano riparo e soprattutto i giovani ritrovano un senso per la vita. Terzo momento è stato il dialogo tra padre Salonia e Antonio Sichera, in cui si è sottolineato come nel passato tutto era automatico perché il figlio ripeteva grosso modo il mestiere del padre, oggi ognuno può percorrere le sue strade e, però, certo questo è più rischioso. Si rischia per eccesso di controllo o eccesso di lassismo, e quando non si sa cosa fare si ricorre alla tecniche. Invece occorre esserci, occorre esserci con il corpo, occorre che per questo il corpo abbia la capacità di nutrirsi con gusto, che nel contatto con il corpo il giovane senta accanto un adulto che cerca sempre di crescere lui per primo, senza occultare il bambino che porta dentro e aiutando anzitutto con la fiducia e l’amore. Così, si aperto l’anno: con forti e belle consapevolezza che ridanno l’entusiasmo dell’educare ricordando con papa Francesco che si cresce imparando «le tre lingue che una persona matura deve sapere parlare: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Ma, armoniosamente, cioè pensare quello che tu senti e quello che tu fai; sentire bene quello che tu pensi e quello che tu fai; e fare bene quello che tu pensi e quello che tu senti. Le tre lingue, armoniose e insieme».
Modica, 16 settembre 2016
Maurilio Assenza
Direttore della Caritas diocesana