Partecipiamo di una diffusa preoccupazione per l’emergere di tanto disagio sociale nella nostra città, che al momento è esploso nel centro storico ma in altri momenti (se non già ora) riguarda anche le periferie. E però un primo elemento dobbiamo coglierlo: non ci sono solo i fatti più rilevanti. Ci sono fatti più ordinari che sono altrettanto preoccupanti: tanti luoghi abitati fino a notte fonda, anche da ragazzi, con schiamazzi, sporcizia, piccole ma costanti azioni distruttive. La prima cosa che viene da pensare è: dove sono le famiglie? Dove sono i padri e le madri che danno orari, che si preoccupano con chi escono i figli? Contemporaneamente tutti passano dalla scuola: cosa si è fatto effettivamente contro la dispersione? Nel bicentenario della nascita di don Bosco la scuola è interpellata a ricordarsi che l’educazione è cosa del cuore e deve sempre avere un occhio di riguardo per i più difficili. Ben vengano le eccellenze, ma l’eccellenza più grande – che riguarda anzitutto la capacità educativa dei docenti – è riuscire a «non perdere nessuno». E questo certo dovrebbe essere anzitutto testimoniato dalle parrocchie. In una serata a San Giovanni con don Cosimo Scordato una giovane si chiedeva accoratamente cosa si può fare per i giovani che si smarriscono, ricordandone uno – suicidatosi qualche settimana fa – passato comunque per la parrocchia. Ecco ci sembra questo sia il tono giusto: cosa abbiamo fatto per prevenire? Cosa si può fare? E al cuore di tutto – anzitutto per i cristiani, ma non solo – sta una verità di fondo: non esistono delinquenti, esistono persone che lo “diventano”. Perché non si sono date regole, perché non si è stati accanto; certo anche perché alcune cose ci sfuggono e in alcuni casi c’è un mistero insondabile di libertà che non sceglie il bene. E però ci sembra importante accompagnare la cronaca di questi giorni con una riflessione che speriamo tutti ci coinvolga pensandoci tutti figli e fratelli e genitori (per i cristiani c’è un solo Padre, e a Modica c’è anche la percezione della Mamma che tutti dal suo santuario ha voluto guardare da una porta aperta all’intera città). Intanto certo è bene che intervengano le forze dell’ordine, che ringraziamo per il loro servizio e la loro fatica rispetto a comportamenti gravi e pesanti; ben venga il Comitato per l’ordine pubblico per coordinare interventi e monitorare il territorio. Però, se vogliamo superare veramente questo crinale pericoloso, come città dobbiamo reagire mettendo in campo tensioni educative e civiche, capacità di raccordo, umile riflessione e revisione di vita nelle nostre famiglie, scuole e parrocchie. Un segno può aiutare: sono i cantieri educativi come Crisci ranni in cui, con pazienza, si sperimenta a volte anche l’insuccesso, ma anzitutto la bella possibilità di cambiamento in meglio del tessuto sociale e dei ragazzi che crescono. Come Caritas invitiamo allora a rafforzare tutti i segni costruttivi di bene comune, di prevenzione, di coesione sociale: il volontariato è in questo momento testimonianza che la città ci sta a cuore. Vorremmo altresì rinnovare il Patto educativo siglato nel nome di don Puglisi nel settembre 2010 e pensiamo anche ad una preghiera per la città, sull’esempio di tanta gente semplice – anziani, ammalati – che la sera pregano “pe figghi ri mamma, tutti, i buoni e i tinti”. Vigiliamo tutti nell’amore e nella fede «che muove le montagne».
Maurilio Assenza
Direttore della Caritas diocesana