La misericordia:
il DNA umano da sempre riscoprire!
Con ampia partecipazione venerdì 9 maggio all’Oratorio San Domenico Savio di Rosolini si è svolto l’incontro unitario di fine anno pastorale della diocesi di Noto, presieduto dal Vescovo Mons. Antonio Staglianò e introdotto dal vicario generale don Angelo Giurdanella. C’erano i parroci, le religiose, i catechisti, gli animatori della liturgia e della carità, le famiglie, i giovani, le aggregazioni laicali, le opere caritative. Con l’impegno ad esserci, superando anche la stanchezza di questa parte dell’anno, per dire il senso della Chiesa famiglia di Dio. Non è stato un momento di studio o di organizzazione, ma di consapevolezza forte con l’aiuto di un testimone: don Giacomo Panizza, prete di frontiera che rischia la vita. Ci ha subito tenuto a dire che la misericordia non è commiserazione né privilegio dei cristiani ma il dna di tutti gli uomini che, lo sappiano o no, sono fatti a immagine di Dio che è misericordia. Ed è attenzione ai piccoli o ai sofferenti, ma anche gioia per ciò che va bene. Ci si è sentiti poi incoraggiati nel sentirsi dire che la misericordia si può dimenticare o offuscare ma mai cancellare. E che la misericordia non è “nostra”, frutto delle nostre bravure, ma che ci è “regalata”: ed è con questa consapevolezza che si dona anche ad altri, anzi che non si può non amare appena ci si accorge di una sofferenza. Ed è emerso spontaneo, nel dire sapienziale di don Giacomo, il riferimento a santa Teresina che ha potuto dire di valere qualcosa solo perché “amore” anche se non era una grande convertita come Sant’Agostino o San Paolo. Conta l’amore! Conta l’incontro! Per cui non si può diventare nella carità “passa pacchi”: occorre che ci sia con i poveri anzitutto l’incontro. Per cui, più che parlare di agio o disagio giovanile o familiare, è meglio rendersi conto che siamo in un tempo in cui ognuno sa solo qualcosa e che quindi si impara insieme. Conta l’amore! Che deve attraversare anche l’economia e la politica. Per cui c’è da chiedersi se investire in una banca o fare una determinata scelta favorisce un’economia di misericordia, che aiuta i deboli e costruisce eguaglianza, o diventa assassinio (pensiamo a quanti investimenti si fanno nelle armi, e come sia importante per questo la banca etica). E per la politica ha ricordato come il welfare state è nato per misericordia, per l’attenzione a tutti, e che questo dovrebbe essere tradotto nel reddito minimo di inserimento, che esiste in tanti altri paesi europei ed è previsto dalla legge 328 ma non realizzato. La misericordia interessa la catechesi non solo come contenuto ma anche come modalità, come ascolto dei piccoli, e rende vere le liturgie: don Giacomo concretamente intrecciava le sue parole con la sua vita, e sommessamente ha ricordato come prega meglio i salmi restando accanto a due bambini con gravi problemi che gli si sono stati affidati perché nessuno li vuole. O come i problemi con la ‘ndrangheta sono nati perché ha messo in una casa confiscata ai mafiosi le persone in carrozzina, che hanno accolto con gioia la possibilità mentre era stata rifiutata perfino dai vigili urbani. La misericordia va anzitutto vissuta, e poi si troveranno meglio le parole per dirla. E la Chiesa “sa”, ma poi può incontrare altri che la vivono meglio. Perché la misericordia non ha a che fare con recinti ma con il cuore grande di Dio che è impresso in tutti e che eventualmente la Chiesa può fare riscoprire … Il Vescovo ha ricordato come tutto questo lo sta sperimentando nella visita pastorale e ha concluso insistendo sulla centralità dell’incontro, dello stare accanto agli ammalati vegliando nell’amore, e sul fatto che il messaggio evangelico arricchisce tutti in un’umanità. Si è quindi ritornati alla vita di ogni giorno con più pace e con più responsabilità, consapevoli che la misericordia ha valenze forti, sociali, ma resta sempre dono che si accoglie e cresce, non con l’eroismo di pochi, ma con i piccoli passi di molti.