Eva Brugaletta –
L’assicurazione coprirà danni per oltre duecento mila euro, ma rimane ancora un mistero la deflagrazione che ha raso al suolo il laboratorio dei fuochi d’artificio a ridosso di cava Salvia, spazzando via una struttura costruita in mattoni di calcare e coperta da una tettoia d’alluminio occupante uno spazio di ben centocinquanta metri quadri. Un’esplosione che avrebbe potuto avere tragici riverberi se l’incendio che si è di conseguenza sviluppato avesse raggiunto la polveriera poco distante o le “case matte” tutt’intorno alla fabbrica. È ancora presto, in ogni caso, per stabilire le cause dell’esplosione. I carabinieri, che si occupano delle indagini, lavorando alacremente notte e giorno, tengono cucite le bocche. Ma trapela che la prima ipotesi, riguardante una tragica fatalità, non convince gli inquirenti. Questi ultimi preferiscono nulla escludere, battendo, forse, anche la pista della ritorsione, legato alla criminalità che gira attorno a questo mercato, rigoglioso e pericoloso tanto quanto quello delle pompe funebri.
I titolari della fabbrica, i fratelli Moltisanti, si trincerano dietro ad un ostinato silenzio, consapevoli della gravità dell’accaduto e delle ripercussioni che ne deriveranno se s’appurassero eventuali responsabilità sulle condizioni di sicurezza della struttura, andata in buona parte distrutta. I carabinieri hanno già raccolto le loro testimonianze, protette dal massimo riserbo, ma i titolari non si lasciano andare a commenti oltre le mura della caserma, trasmettono solo una comprensibile ostilità se si pensa che questo è il secondo incidente che si verifica nel loro laboratorio a distanza di 14 anni. Pure allora, per fortuna, non si registrarono morti o feriti.
La paura, invece, alberga ancora fra i residenti in contrada Cugni, a ridosso di Cava Salvia, i quali, oggi, sentono d’esser stati miracolati.
I più anziani pensavano addirittura di trovarsi sotto bombardamento, «sembrava fosse scoppiata la guerra» confessano alcuni di loro.
La maggior parte dei cittadini, però, udito lo spaventoso boato, ha pensato ad un catastrofico terremoto. I muri e gli infissi delle case hanno infatti tremato e il frastuono è stato avvertito anche nei comuni vicini.
L’onda d’urto cagionata dall’esplosione, inoltre, ha causato danni anche alle case, frantumando i vetri delle finestre e distrutto gli infissi delle abitazioni vicino alla fabbrica e anche di quelle lontane un chilometro. Un fatto che è stato constatato dai carabinieri e dai vigili del fuoco dopo aver effettuato i sopralluoghi.
L’intera zona, la notte di venerdì, è stata evacuata e transennata per un raggio di due chilometri: occorreva la messa in sicurezza, non escludendo ulteriori esplosioni, vista la difficoltà nel contenere le fiamme e la formazione di nuovi focolai. I residenti, quindi, hanno dormito fuori, sistemandosi da amici e parenti.
I vigili del fuoco hanno impiegato ore per spegnere le fiamme. Le squadre, almeno tre, provenienti dal distaccamento di Modica e dalla centrale operativa di Ragusa, hanno operato fino a tarda notte per scongiurare il peggio.
La deflagrazione, come anticipato, non ha mietuto vittime. La morte ha perso la sfida con la buona sorte, ma i detriti prodotti dall’esplosione, vista la forza d’urto, avrebbero potuto falcidiare qualsiasi persona si trovasse in quei pressi.