Corte dei Conti notifica a Comune e Prefettura avvio procedura dello strumento di risanamento alternativo
Attivazione coattiva del dissesto finanziario
La prefettura darà venti giorni di tempo per riunire il Consiglio comunale
Eva Brugaletta
ISPICA. La Corte dei Conti ha attivato coattivamente la procedura di dissesto finanziario, notificandolo al Comune e alla Prefettura il 3 aprile scorso, trasmettendo gli atti.
La Corte dei Conti ha accertato «la mancata presentazione del piano di riequilibrio finanziario entro il termine perentorio di sessanta giorni, posto dall’articolo 243 bis, comma 5. Conseguentemente, in conformità a quanto disposto dall’articolo 243 quater, comma 7, l’applicazione dell’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 149 del 2011, con l’assegnazione al consiglio comunale dell’ente, da parte del prefetto, del termine non inferiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto».
La lettura della norma e la ratio sopra descritta, è spiegato nel documento della Corte dei Conti, non danno adito «né ad una riapertura dei termini per la procedura di riequilibrio, in quanto il termine di sessanta giorni entro cui adottare lo strumento di risanamento (Piano di riequilibrio pluriennale) sono già trascorsi infruttuosamente, quindi, sarebbe superfluo e contraddittorio reiterarli, oltre che contra legem, né ad una regressione alla fase iniziale della procedura ex articolo 6 comma 2 del decreto legislativo 149/2011 ». Ossia, la Prefettura, acquisiti i documenti trasmessi dalla Corte dei Conti, fornirà venti giorni tempo (il termine è perentorio) al presidente del Consiglio comunale, Giuseppe Quarrella, per riunire la massima assemblea cittadina utile a dichiarare il dissesto: i consiglieri comunali saranno chiamati a votare il dissesto.
Proclamato il dissesto, la Regione procederà alla nomina di tre commissari straordinari (generalmente funzionari della Prefettura). Formeranno una commissione (la commissione dissesto), che effettuerà, in primis, una ricognizione atta a quantificare l’entità del debito maturato dal Comune. Successivamente, si procederà al risanamento economico dell’ente, con tutte le conseguenze del caso.
Le conseguenze saranno quindi drammatiche. Il dissesto comporterà, nella misura massima, l’aumento di imposte, aliquote, tariffe e tasse, come oneri di urbanizzazione, Imu, Tarsu, canone idrico e servizi. Il rincaro rimarrà invariato per cinque anni. Si cristallizzerà il debito sui creditori, non producendo interessi e rivalutazione monetaria, ma solo l’estinzione delle procedure esecutive, che escludono i pignoramenti. Il sindaco, la giunta e il consiglio comunale rimarranno in carica, ma sotto l’egida della commissione dissesto. Gli amministratori, individuati come i responsabili del dissesto, non potranno ricoprire incarichi per cinque anni. Gli impiegati comunali in esubero saranno posti in mobilità e non si escludono licenziamenti nel caso i cui si appurassero assunzioni illegittime.
«Nel merito – scrive la Corte dei Conti nel documento fornito dal consigliere comunale Paolo Monaca – il Collegio da atto che, oltre a quanto rilevato con le precedenti pronunce specifiche della Sezione rispettivamente relative al bilancio 2011 ed al rendiconto 2010, nel caso specifico, si ravvisano le gravi criticità e le condizioni di squilibrio strutturale del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario del Comune, già evidenziato dalla delibera consiliare d’attivazione della procedura di riequilibrio e dai relativi atti istruttori, tra cui il parere dell’organo di revisione e del responsabile del servizio finanziario. Da essi emerge tra l’altro – si aggiunge – che “l’inasprimento del contenzioso e delle procedure esecutive nei confronti dell’ente, la prolungata situazione deficitaria di cassa, l’esistenza di debiti fuori bilancio ancora da riconoscere e di crediti certi liquidi ed esigibili ammontanti ad un rilevante importo e l’impossibilità che a fronte di questi, possa essere utilizzata ulteriormente l’anticipazione di tesoreria già concessa, sono tutti elementi che connotano, in maniera grave la situazione finanziaria dell’Ente e che evidenziano uno squilibrio strutturale di bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario”. L’importo complessivo da ripianare – si evidenzia – secondo quanto emerso e confermato dall’ente in adunanza, è pari a oltre 5,7 milioni di euro; di cui 850 mila derivanti dal disavanzo rilevato lo scorso dicembre (nel triennio 2008 – 2011 l’ente ha azzerato un avanzo d’amministrazione di oltre 2.2 milioni di euro e l’attuale disavanzo potrebbe rilevarsi ancor più grave ove si consideri l’eccessivo volume dei residui attivi relativi alle entrate proprie) e ben 4,9 milioni per debiti fuori bilancio, come evidenziato dalla proposta di deliberazione consiliare relativa all’approvazione del Piano di riequilibrio, corroborata dai pareri favorevoli. Il trend della situazione debitoria nell’ultimo triennio – si sottolinea – desta anche preoccupazioni di ulteriori aggravamenti: 341 mila 797 euro erano i debiti riconosciuti nel 2010 (1,85% rispetto alle entrate correnti), 2 milioni nel 2011 (11,56% rispetto alle entrate correnti, già ben dieci volte superiore alla soglia di deficitarietà fissata all’1%), per giungere ad oltre 5,1 milioni di esposizione debitoria nel 2012 (è significativa dell’incapacità di affrontare tale situazione la circostanza che a fronte di un volume di debiti di 5 milioni 106 mila 449 euro le somme impegnate nel 2012 ammontano a soli 169 mila 856 euro, ossia lo 0,3%)».
La situazione di grave squilibrio strutturale, «non essendo ripianabile in via fisiologica» determina «la pronta attivazione del dissesto».
La deliberazione del dissesto «dischiude uno scenario normativo ed operativo funzionale ad assecondare un itinerario gestionale virtuoso, di ripristino degli equilibri di bilancio e di cassa, e per essi, della piena funzionalità dell’amministrazione, a beneficio della collettività amministrata, ristabilendo anche le condizioni di tutela per i creditori».