Le sacrosante ragioni dei giovani indignati
Lo dicono gli analisti, lo denuncia lo stesso governatore della Banca d’Italia: siamo un Paese che penalizza i giovani. Su di loro scarichiamo il maggior peso della crisi, costringendoli a una dipendenza dalle famiglie d’origine che impedisce ogni mobilità sociale. Scelta insensata, perché sono i giovani la risorsa più importante del futuro. Investire nel capitale umano, in un sistema formativo moderno e inclusivo, cogliere la sfida della società della conoscenza: sarebbero le prime cose da fare per lo sviluppo del Paese, ma questo governo non riesce a capirlo. L’hanno chiaro i ragazzi che alla riapertura delle scuole sono tornati a suonare la sveglia per dire che è l’ora di cambiare. Sono stufi di una scuola ridotta in condizioni penose dopo tre anni di Gelmini, vecchia nella didattica e nelle strutture, senza un soldo per innovarsi. Sono esasperati dalla precarietà che vedono davanti a se come unica prospettiva di vita (quando va bene, visto che pure il lavoro precario è un miraggio con la disoccupazione giovanile al 30%). Si rappresentano da soli perché non si sentono tutelati da questa classe politica. Hanno le idee chiare, nei loro slogan gridano che il sapere è la chiave del futuro, che bisogna salvare la scuola e non le banche. Hanno capito chi sono i responsabili della crisi che li priva di un futuro: se la prendono coi governi subalterni ai poteri finanziari. Dicono che non vogliono pagare un debito che non hanno fatto: la lucida denuncia dei vincoli di un’economia di mercato che produce enormi ricchezze per pochi e condanna interi paesi alla povertà con la speculazione, le privatizzazioni, la distruzione delle politiche pubbliche, la precarietà del lavoro. Studenti e precari della conoscenza sono i soggetti di un nuovo antagonismo sociale che contesta alla radice il pensiero liberista. Sono in sintonia coi protagonisti delle rivoluzioni arabe, con gli ‘indignados’ di Madrid e di Londra, con quelli di Atene e Tel Aviv, coi giovani che hanno osato sfidare i santuari del mercato a Wall Street. La rivolta giovanile che esplode in tutto il mondo rompe molti dogmi intoccabili, esprime una nuova volontà di reazione e una nuova cultura dei diritti. Anche dal protagonismo di questi giovani dipenderanno gli esiti della crisi e la prospettiva di un nuovo progetto di economia e di società. Intanto il 15 ottobre non solo in Italia ma in tutto il mondo milioni di persone si mobiliteranno: saranno infatti 719 le manifestazioni che riempiranno le strade e le piazze delle principali città dei cinque continenti per rivendicare diritti e politiche sociali a sostegno dei giovani, dell’occupazione, del welfare contro le misure di austerity imposte dagli organismi finanziari internazionali. In Italia l’appello è stato raccolto da tante persone, soggetti organizzati e gruppi informali tra cui l’AR.C.I.
Lino Quartarone
Consigliere Regionale
A.R.C.I. Sicilia